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Il filo verde delle aziende indica il futuro

di Jacopo Giliberto

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8 Gennaio 2010

Viene chiamata green economy, economia verde, ma tra pochi anni si chiamerà economy e basta, senza l'aggettivo. Tutto il sistema economico internazionale sta convertendo i sistemi produttivi, l'offerta di beni, la tipologia di prodotti.

Oggi tocca agli anticipatori; si impegna nella green economy soprattutto chi ha fiutato ora il vento che soffierà sull'industria di domani. Ma le grandi scelte industriali internazionali sono già state prese. La decisione non si ascolta solamente dalle parole di Barack Obama. Il presidente degli Stati Uniti non è un visionario o un velleitario. Basta guardare che cosa sta accadendo in Cina.

A dispetto dei luoghi comuni, la Cina di oggi – arretrata, inquinante – ha deciso di diventare nel giro di qualche anno la fabbrica pulita del mondo: e quando una decisione viene presa dalla repubblica degli ingegneri (il leader Hu Jintao, ingegnere idraulico, guida il segretariato del comitato centrale del partito comunista composto da He Yong ingegnere meccanico, Xu Caihou ingegnere elettronico, He Guoqiang ingegnere chimico, Zhou Yongkang ingegnere petrolifero, Zeng Qinghong ingegnere tecnologico, oltre al filosofo Wang Gang e al politico Liu Yunshan), loro, i cinesi, sono capaci di farlo. Così come sono capaci di fare le cento centrali nucleari progettate per sostituire le vecchie caffettiere a carbone.

C'è una parte del made in Italy che ha capito oggi che bisogna entrare subito nel mercato di chi innova. Oltre ai casi citati in queste pagine, ecco i detergenti a basso impatto ambientale (per esempio l'Icefor di Magenta), le auto elettriche (la Tazzari sta diventando un caso di studio), le lampade da tavolo realizzate granellando la gomma degli pneumatici usati (invenzione di Enzo Savi, uno dei più accorti esperti dell'industria del riciclo).

Benito Guerra con la sua Robur di Zingonia (Bergamo) è richiestissimo negli Usa per la sua rivoluzionaria caldaia ad assorbimento, mentre la Turboden di Brescia produce minicentrali elettriche basate sui fluidi organici nate da un'invenzione di Mario Gaia, docente al Politecnico di Milano.

Si arriva perfino a settori impalpabili come i servizi, con l'alleanza tra il certificatore Tüv Italia e l'Unicredito per aiutare chi fa innovazione verde.

Questa "green economy" non rischia di svaporare come accadde con l'infatuazione della "new economy"? No. Qui si parla di un'economia fatta di cose vere. Fatta di cose che si possono toccare. Si parla di innovazioni ottenute con la fatica. Non sarà una bolla evanescente.

8 Gennaio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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